Corpi diversi = cure diverse

Abbiamo letto il libro della Dottoressa Antonella Viola "Il sesso è (quasi) tutto" e abbiamo provato a raccontarne il succo in questo articolo.

Quando parliamo di medicina, ci sembra totalmente naturale che corpo maschile e femminile differiscano per massa muscolare e grassa. Ma le differenze riguardanti i nostri organi interni, gli ormoni, le differenze genetiche e come questi reagiscono alle malattie, sono meno conosciute. Ecco alcuni esempi:

  • Il cuore delle donne è più piccolo, batte più velocemente e differisce in diversi punti da quello dell’uomo.
  • Gli uomini hanno una maggiore possibilità di contrarre infezioni, mentre le donne rappresentano l’80% dei pazienti afflitti da malattie autoimmuni.
  • La donne sviluppano più facilmente l’Alzheimer, mentre gli uomini sono più esposti al Parkinson.
  • I polmoni degli uomini sono più e questo ha un impatto sulla loro resistenza nell’attività fisica.

La medicina di un tempo

Oggi siamo sempre più consapevoli di queste differenze ma in passato non era così per diversi motivi. A causa del ciclo mestruale e della gravidanza, le donne sono sempre state considerate soggetti più variabili rispetto agli uomini, quindi al fine di ridurre la variabilità e avere dati più facilmente analizzabili la ricerca si è spesso basata su esperimenti che coinvolgevano animali e umani di sesso maschile. In casi minori venivano arruolati soggetti di entrambi i generi ma i risultati venivano spesso accorpati. Per molto tempo si è ritenuto che le malattie cardiovascolari avessero una maggiore incidenza degli uomini ma solo perché, essendo state studiate meno e presentando spesso una sintomatologia differente (il dolore al braccio sinistro durante l'attacco cardiaco è presente solo in un terzo nei soggetti femminili), non erano adeguatamente tracciate. Oggi sappiamo che le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte nel sesso femminile e che per comporre questo dato è necessario considerare una grande quantità di fattori: l’impatto di gravidanze e menopausa, la tendenza maggiore alla co-morbidità, i fattori di svantaggio economico e sociale. In Italia le malattie cardiovascolari causano il 43% delle morti nella popolazione femminile e il 33% in quella maschile.

Terapie uguali per tutti. E gli effetti collaterali?

Nella storia, le scuole militari sono stata luoghi di ricerca medica: bisognava fornire dei soggetti sani per la guerra e questo ha fatto sì che buona parte della sperimentazione fosse basata su soggetti bianchi caustici di circa 70 chili. Le terapie che abbiamo eseguito per decenni sono sempre state tendenzialmente tarate sui corpi maschili. L’assorbimento di un farmaco orale è influenzato dal ph dello stomaco e dalla motilità intestinale, entrambe ridotte nelle donne. Il metabolismo dei farmaci quindi è molto diverso e proprio per questo in tantissimi casi, dai tumori, alla depressione, le donne soffrono più spesso di effetti collaterali severi. E ancora, la sensazione di dolore e la risposta agli oppioidi è diversa nella donna. Per avere lo stesso effetto che gli analgesici hanno sugli uomini, bisognerebbe usarne una dose del 30% superiore su un soggetto femminile. Nonostante ciò, nella maggior parte dei casi i dosaggi somministrati alle donne sono più bassi.

Salute e pregiudizi di genere

Ma non sono soltanto le disuguaglianze nella ricerca a intervenire sulla salute delle donne. Condizioni socioeconomiche mediamente peggiori rispetto agli uomini, significano meno risorse per la salute. In molte società, inoltre, le donne hanno un livello culturale inferiore e non hanno abbastanza strumenti per prendersi cura adeguatamente della loro salute. La convinzione che siano meno portate per l’attività fisica le porta spesso a fare meno sport. Nelle società cui la donna non ha l’opportunità di uscire spesso e deve coprire completamente il suo corpo la di fuori di casa, si rilevano spesso carenze croniche di vitamina d e una maggiore presenza di malattie autoimmuni.

Un problema strutturale

Nel 1977, la Food and Drug Administration(FDA) USA raccomandò di escludere le donne dalle prime fasi di studi clinici per evitare ripercussioni sulle gravidanze. Questa scelta all’apparenza cautelativa, causò un vuoto enorme nella ricerca scientifica. Dovette cambiare la sua decisione solo nel 1993, alla luce di molti casi di effetti collaterali severi sulle donne. Tra il 1997 e il 2000, la FDA ha ritirato dal mercato dieci farmaci per la gravità dei loro effetti collaterali: otto di questi avevano un profilo di tossicità alto nelle donne.

La Medicina di Genere è il futuro

La medicina contemporanea è conosciuta come “medicina della 4P”: personalizzata, preventiva, predittiva e partecipativa. Per essere davvero efficace, tuttavia, deve prima di tutto essere inclusiva. La medicina di genere, quindi, si occupa di studiare le differenze esistenti tra corpi maschili, femminili e di genere non conforme nella manifestazione delle malattie e nell’approccio per affrontarle. Per dare vita a una medicina specifica sul genere è fondamentale partire dal riconoscimento del “gender bias” nella ricerca biomedica e nelle terapie. Se il problema rimane circoscritto agli addetti ai lavori, non verrà mai davvero preso sul serio. È essenziale quindi spingere sull’autoconsapevolezza dei pazienti e fare pressione sugli enti e le organizzazioni che finanziano la ricerca. Un passo ulteriore riguarda l’analisi dei dati: oggi la maggior parte degli studi clinici include le donne, ma le successive analisi di tossicità ed efficacia non vengono gestite sempre in modo diversificato per i due sessi. È infine necessario educare la nuova classe di medici e ricercatori alle differenze di genere e ridurre il bias, al fine di costruire una medicina davvero inclusiva per tuttə.

Fonte: Antonella Viola, "Il sesso è (quasi) tutto", 2022